Il dragone in difficoltà potrebbe rappresentare un'opportunità nel lungo periodo.

Il prodotto interno lordo cinese nel 2023 sta crescendo meno delle attese ma il terzo trimestre ha battuto le stime portandosi al 4,9% contro un 4,4% previsto. Le vendite del settore immobiliare sono in contrazione, cosa che non è mai un buon segnale per l’economia cinese. La disoccupazione giovanile sta salendo al punto tale che il governo ha smesso di pubblicare le statistiche al riguardo e le esportazioni sono diminuite del 6,4% ad ottobre rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Il paese è perfino entrato in deflazione, cioè quel fenomeno che porta al calo dei prezzi perché l’attività economica è poco dinamica. Ad esempio, settori come quello immobiliare e delle infrastrutture, due settori economici che hanno contribuito negli ultimi quarant’anni all’ascesa economica cinese sono entrati in difficoltà a causa di investimenti improduttivi.

I governi locali, che hanno preso denaro a prestito per investire in infrastrutture al fine di stimolare l’economia, devono fare i conti con la perdita di valore degli immobili, in calo negli ultimi due anni. Questo significa che i governi locali non hanno né le risorse né gli incentivi per ulteriori investimenti.

Nel settore privato la situazione è la medesima, ad esempio Evergrande, colosso del settore immobiliare cinese, avendo accumulato miliardi di debiti pari al 2% del PIL cinese a causa di progetti immobiliari residenziali rimasti poi invenduti, ha dichiarato bancarotta e presentato istanza di fallimento a New York durante l’estate.

Country Garden, pur versando in una situazione migliore di Evergrande, è comunque impegnata nella ristrutturazione dell’ingente debito accumulato negli anni, tanto che il presidente del Consiglio di amministrazione, Yang Huiyan Mo Binsi, ha dichiarato pubblicamente di scusarsi con gli stakeholders per aver messo in difficoltà la società a causa di una gestione aziendale poco lungimirante.

Oltre ai problemi derivanti dai settori pocanzi citati, il Presidente Xi ha necessità di trovare soluzioni per ulteriori annosi problemi che affliggono il Paese come, ad esempio, recuperare i crediti elargiti a prezzi di mercato, non a credito agevolato, ai Paesi aderenti al progetto Belt and Road Initiative.

Lo scopo del progetto era quello di trovare nuovi mercati di sbocco, per collocare l’eccesso di produzione non assorbita dal consumo interno e creare sfere di influenza sociopolitica. Purtroppo, il progetto attualmente si è arenato e Pechino si è trasformato da investitore a escussore intransigente di crediti com’è accaduto con il piccolo Paese dello Sri Lanka, nazione in estrema difficoltà finanziaria che, non potendo onorare i debiti contratti con il Paese del dragone nel progetto BRI, ha patteggiato l’annullamento del debito con la perdita del controllo di un porto strategico per un secolo. Ma la lista non finisce qui: il Pakistan, lo Zambia e altri stati sono nella lista dei morosi e la Cina non tarderà a recuperare i crediti.

Anche se la Cina come abbiamo visto è invischiata in annosi problemi da risolvere, le prospettive di crescita di lungo periodo potrebbero essere positive. Tale positività potrà concretizzarsi solo se riuscirà a comprendere di non essere più un Paese in via di sviluppo ma un Paese ad un passo dall’essere sviluppato. I consumi interni dovranno essere necessariamente incrementati, per non dipendere troppo dalle esportazioni, e dovrà evolvere anche la struttura produttiva da labor intensive – intensivo dal punto di vista del lavoro – a capital intensive – che richiede significativi investimenti di capitale – come sta facendo con il settore automotive elettrico. In questo quadro evolutivo dovrà in ogni caso continuare a riallacciare i rapporti con l’occidente.

Dopo anni di tensione, infatti le relazioni sino-australiane si stanno normalizzando. Il premier australiano Anthony Albanese ha incontrato in visita ufficiale il premier cinese Xi Jinping per allargare gli impegni bilaterali e stabilizzare le relazioni commerciali per renderle pacifiche e produttive.

Si è fatto molto anche sull’asse sino-americano, il caso diplomatico del pallone spia aveva contribuito ad esacerbare un rapporto già non proprio idilliaco tra le due superpotenze mondiali a causa di Taiwan.

La scorsa settimana è avvenuto un importante incontro tra il Presidente Xi e il Presidente Biden a San Francisco e il pretesto è stato quello di affrontare la crisi climatica attraverso il dialogo, la cooperazione e l’azione attiva verso una riduzione delle emissioni di anidride carbonica ma in verità i punti trattati sono stati molteplici: dalla creazione di un gruppo di esperti per discutere dei rischi dell’intelligenza artificiale, soprattutto in ambito militare, alla situazione di Taiwan e alle restrizioni sull’export dei microchip, che secondo il Presidente Xi danneggerebbero i legittimi e reciproci interessi.

L’incontro tra Biden e Xi dimostra che è possibile un bipolarismo responsabile tra Usa e Cina, pur all’interno di un multipolarismo mondiale ormai irreversibile. Il pensiero comune è che il conflitto è scongiurato e che ci sono tutti i presupposti per una competizione costruttiva, indirizzata alla crescita e allo sviluppo mondiale.

Le valutazioni della Cina sono attualmente basse; la borsa cinese scambia a 11 volte gli utili (si fa riferimento al rapporto prezzo/utili dell’indice FTSE China A50 Index) lo stesso livello era stato toccato nel lontano 2015.

Pertanto, valori piuttosto bassi nelle quotazioni offrono possibili opportunità per l’investitore ma al contempo anche rischi. Per limitare la volatilità e la variabilità di questi rischi consigliamo un approcciarsi all’investimento molto accorto, strutturato con piani di accumulo o switch programmati, pianificato all’interno di una strategia che consideri l’orizzonte temporale e le aspettative del risparmiatore.