(Articolo pubblicato originariamente su WeWealth )

La boutique che scommette sui giovani (e sulla trasparenza)

Nel 1984 ho venduto il primo fondo di diritto italiano che si chiamava Gestiras ed era gestito dalla Ras, oggi Allianz. Allora gli estratti conto erano fatti a mano partendo da un tabulato della società e aggiornando i dati che venivano pubblicati in termini di nav sul Sole 24ore, i fondi erano solo un trafiletto”. In quasi 40 anni il risparmio gestito è diventato un’industria da 2.500 miliardi di euro di masse in gestione, quasi mille miliardi in più rispetto al Pil nominale dell’Italia. “Il modo di fare consulenza è cambiato ma ahimè non così tanto: molti consulenti sono rimasti dei venditori perché non hanno abbracciato il modello della consulenza”.

Saverio Scelzo è presidente di Copernico sim, una boutique di consulenza finanziaria in materia di investimenti che ha fondato nel 1999 a Udine e dal 2019 è quotata al segmento Aim di Borsa Italiana. “Siamo partiti con un investimento di 600mila euro. Siamo cresciuti in modo costante e oggi l’azienda capitalizza 11,6 milioni di euro (dato al 22 dicembre 2021 ndr), ha oltre 700 milioni di masse in gestione e un team di 90 consulenti, molti di loro soci di Copernico. A tale proposito abbiamo dei bei programmi di incentivazione con stock grant per i nuovi ingressi, che rendono la nostra offerta particolarmente appetibile ed innovativa.”

Oggi vengono proposti due modelli di consulenza: “evoluta” e su base indipendente. Quest’ultima però, ha un ruolo ancora marginale: vale circa il 3% dei clienti, poco di più in termini di masse. “Il mercato non è ancora pronto, molti investitori non sono disposti a pagare una parcella. Nella sostanza però, la nostra consulenza evoluta è davvero avanzata perché operando in un sistema di architettura aperta vera – Copernico non ha prodotti propri – il cliente viene seguito mettendo al centro i suoi interessi e non quelli delle varie direzioni commerciali…Nella nostra consulenza evoluta non ci sono doppie commissioni, né utilizziamo fondi cloni” . Se la Mifid prometteva un aumento della trasparenza sui costi dei prodotti d’investimento, “la normativa europea non ha prodotto i risultati sperati. È un percorso ancora lungo”, osserva Scelzo, il futuro di questa professione, però, è legato soprattutto alla qualità della consulenza, alla sua trasparenza, alla conoscenza del cliente e dei prodotti. “Non c’è solo un tema di costi, ma di qualità della consulenza. È importante, inoltre, la capacità di intercettare nuove tendenze, come la finanza Esg (Environmental, social, governance) ed è necessario portare i giovani alla professione”.

Vale la pena ricordare un dato: nei prossimi 20 anni, i millennial – la generazione dei nati tra il 1980 e il 1996 – saranno
protagonisti di uno straordinario trasferimento di ricchezza, quantificato da Finer in 800 miliardi di euro. Per chi fa il consulente finanziario e vuole continuare a lavorare almeno per i prossimi 10 o 20 anni è imprescindibile interrogarsi su come intercettare i rappresentanti della generazione y. E c’è un rischio enorme, fotografato da una recente ricerca di Mfs: mentre il 60% degli investitori di età compresa tra 23 anni e 38 anni dichiara di aver ricevuto o di aspettarsi un’eredità, solo il 36%, poco più di un terzo, ha intenzione di lasciarla lì dov’è. Cioè presso il consulente di mamma e papà. La strada più semplice per i banker sarebbe iniziare a costruire una relazione con i figli dei già clienti. E si tratta di uno sforzo che non può essere procrastinato ulteriormente.

D’altra parte, esiste un tema non banale di passaggio generazionale anche interno alla professione: “L’età media dei consulenti è sempre più elevata. Noi stiamo investendo sui giovani. È corretto parlare di investimento, perché è inevitabile che un profilo junior sia meno performante in una fase iniziale, rispetto a professionisti con un’esperienza robusta alle spalle. Ma siamo convinti che alla lunga questa scelta paghi. Oggi i nostri consulenti hanno un’età media di 42 anni”, rivendica Scelzo. Ovvero circa 10 anni in meno rispetto alla media dei consulenti finanziari iscritti all’albo. “Noi continuiamo a formare e reclutare i giovani ed anche i processi decisionali in azienda devono essere guidati da persone giovani. Bisogna ripensare il modo di fare questo mestiere”. “Vorrei avere anche più donne nella mia squadra. Di norma sono molto brave a organizzare il proprio tempo, sono più precise e hanno una dote preziosa per chi fa questo mestiere: la capacità di ascolto”.