Taiwan e Ucraina: analogia verso un nuovo equilibrio geopolitico mondiale

L’avvertimento che il Presidente cinese Xi Jinping ha lanciato al Presidente degli Stati Uniti Joe Biden è stato perentorio: chi gioca con il fuoco finisce per bruciarsi. Il messaggio è il più bellicoso mai inviato dalla Cina agli statunitensi negli ultimi decenni, probabilmente da quando Washington e la Repubblica Popolare Cinese hanno stabilito delle relazioni diplomatiche, nel 1972, grazie ad un encomiabile lavoro diplomatico svolto dal politologo e assistente speciale del Presidente Nixon per la sicurezza nazionale, Henry Kissinger. Le relazioni tra Stati Uniti e Cina iniziano con il comunicato di Shanghai del 1972. Nel documento la Cina definisce Taiwan una questione centrale che ostacola le relazioni tra Cina e Stati Uniti; il governo della Repubblica Popolare Cinese è l’unico governo legale della Cina e Taiwan è una provincia della Cina, pertanto non indipendente. La liberazione di Taiwan è una questione interna della Cina, nessun altro Paese ha il diritto d’interferire. Nello stesso documento gli Stati Uniti rispondono: gli Stati Uniti riconoscono che tutti i cinesi, da entrambi i lati dello stretto di Taiwan, ritengono che esista una sola Cina e che Taiwan sia parte della Cina. Il governo degli Stati Uniti non mette in discussione questa posizione e afferma il suo interesse ad una risoluzione pacifica della questione dell’isola di Formosa da parte degli stessi cinesi.

Tuttavia, la visita della speaker della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, Nancy Pelosi (che secondo il Presidential Succession Act risulta essere la terza carica istituzionale degli Stati Uniti) è stata interpretata dal Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi come una violazione del comunicato di Shanghai in quanto costituirebbe un riconoscimento della sovranità del Paese taiwanese rispetto alla Cina.

Il Presidente Xi per non lasciare impunito Taiwan per l’affronto come ha agito? Mediante un’esercitazione militare senza precedenti – definita poi irresponsabile ed esagerata dal portavoce della Casa Bianca John Kirby – che ha previsto lanci di missili balistici, uso di munizioni reali, l’interdizione di alcune aree marittime che circondano l’isola di Taiwan e dello spazio aereo sopra la stessa. Il ministero della Difesa di Taiwan ha denunciato il lancio di undici missili balistici cinesi Donfeng e diverse incursioni oltre la linea mediana dello stretto di Taiwan da parti di velivoli militari cinesi. In risposta alle massicce manovre su vasta scala fatte dall’Esercito popolare di liberazione, Taiwan ha dato il via alle sue esercitazioni militari, simulando la difesa dell’isola dall’attacco cinese.

Ma perché questa isola è davvero così importante nello scacchiere mondiale?

Diversi sono i motivi: economici (soprattutto per i semiconduttori e microchip) ma soprattutto strategici. Taiwan è la più grande isola tra il Giappone e le Filippine e fa parte della catena di isole che gli Stati Uniti reputano cruciali per contenere l’espansione militare cinese. Se la Cina dovesse ottenere il controllo di Taiwan la Marina cinese potrebbe avventurarsi nel Pacifico, mentre la capacità delle forze statunitensi e dei loro alleati di controllare le altre isole della regione sarebbe gravemente compromessa. Con la caduta di Taiwan, l’equilibrio strategico nel Pacifico occidentale verrebbe irrimediabilmente modificato a favore della Cina e anche della Federazione Russa.

Infatti, la Cina per mezzo di un suo rappresentante ringrazia apertamente Putin per aver definito la visita della Pelosi come una provocazione ben pianificata e i giudizi di Putin, riporta una nota ufficiale, sono una manifestazione di cooperazione strategica ad alto livello tra Cina e Russia. Questa cooperazione sarà ben visibile il 30 agosto quando un contingente cinese prenderà parte in Russia ad una vasta manovra militare diretta da Mosca. Il ministero della difesa di Pechino precisa che tale manovra non è correlata all’attuale situazione internazionale e regionale ma si tratterà di un’azione congiunta con l’obiettivo di approfondire nella pratica la cooperazione tra le due potenze per rafforzare la capacità di risposta a varie minacce alla sicurezza.

Purtroppo, notare pericolosi parallelismi tra Cina e Taiwan e Russia e Ucraina è inevitabile. Le due potenze mondiali vedono i rispettivi vicini come loro province. In Russia l’Ucraina viene considerata territorio russo ed è chiara la volontà di riunire il mondo russo ed il popolo russo nella sua interezza. Già nel 2008 in un vertice NATO a Bucarest il presidente Putin aveva esternato le rivendicazioni territoriali sull’Ucraina sudorientale basandosi sull’opinione dei russi secondo cui gli ucraini sono uno dei tre rami del popolo russo. La Cina rivendica Taiwan come una sua provincia, la sovranità e l’integrità territoriale della Cina non tollerano divisioni e la riunificazione nazionale è un affare interno alla Cina, che non è soggetto a interferenze da parte di forze esterne.

La possibile dichiarazione di indipendenza di Taiwan dalla Cina è motivo di profonda preoccupazione per il Presidente Xi Jinping. In altre regioni cinesi come lo Xinjiang e il Tibet l’uso di politiche severe e della forza militare ha permesso a Pechino di raggiungere i propri obiettivi di unificazione, cosa che attualmente non sembra riuscire a Taiwan. Al momento non è stata intrapresa alcuna azione militare diretta ma soltanto esercitazioni a fini provocatori, a differenza della Russia in Ucraina dove la guerra sta provocando la morte di migliaia di civili.

Gli atteggiamenti di Russia e Cina nei confronti dell’Ucraina e di Taiwan possono assimilarsi ma la differenza è la presenza degli Stati Uniti. Il Taiwan Relations Act infatti imporrebbe, nell’interpretazione più stringente, agli Stati Uniti di fornire a Formosa capacità difensive ed eventualmente l’intervento militare in caso di invasione da parte della Cina, cosa che non è prevista per l’Ucraina nel Memorandum di Budapest, dove si parla in maniera molto vaga di sicurezza, indipendenza ed integrità territoriale.