Cos'è l'economia dello spazio
Nell’ultimo decennio il settore spaziale ha vissuto un’evoluzione senza precedenti. Gli investimenti nel settore, sia pubblici che privati, hanno raggiunto i 446,88 miliardi di dollari nel 2020, più del 50% in più rispetto al 2010 (fonte: Space Foundation). Morgan Stanley, banca d’affari statunitense, stima un comparto che sarà in grado di raggiungere entro il 2040 il trilione di dollari.
Se fin dalle sue origini l’attività spaziale è cresciuta e si è sviluppata principalmente grazie al supporto economico istituzionale delle agenzie governative (NASA, ESA. Etc), a causa dell’alto rischio di insuccesso e dagli enormi investimenti iniziali oggi la situazione sta cambiando: gli investimenti privati hanno raggiunto complessivamente i 12,3 miliardi di euro a livello globale, e nel 2021 ben 606 imprese si sono quotate tramite il meccanismo di Spac (Special Purpose Acquisition Company), contro una sola nel 2020 (fonte: Osservatorio Space Economy).
Ma cos’è questa fantomatica economia dello spazio? L’OECD la definisce come “La gamma di attività svolte per creare valore e benefici agli esseri umani e si concretizza nell’esplorazione, nella ricerca, nella comprensione e gestione dello spazio “.
Sempre l’OECD ha poi definito due principali perimetri in cui la Space Economy può essere suddivisa:
- il segmento upstream, in cui rientrano tutte quella attività di R&S, di progettazione e produzione che restituiscono al settore spaziale stesso, prodotti, tecnologie e servizi abilitanti per applicazioni spaziali. Nello specifico, questo segmento include: sviluppo e fabbricazione di satelliti e sottocomponenti, sistemi e servizi di lancio, ground segment, termine usato per indicare i centri di controllo della missione e trasmissione a stazioni di ricezione presenti sulla Terra;
- il segmento downstream in cui rientrano tutti quei servizi, prodotti che si basano sulla tecnologia spaziale per applicazioni terrestri e il cui funzionamento è strettamente collegato ad essa. Le aree principali che caratterizzano questo segmento sono: osservazione della terra, comunicazione satellitare e navigazione satellitare.
Anche in questo settore l’evoluzione tecnologica ha contribuito ad abbassare i costi, rendendo profittevoli molteplici nicchie di mercato che in passato erano precluse ai molti. Un esempio di questi new business è il turismo spaziale. I primi viaggi al di sopra della linea di Kármán (quella che convenzionalmente divide l’atmosfera dallo spazio aperto) sono già stati testati con successo dalle tre big company del settore, SpaceX, Blue Origin e Virgin Galactic, ma il prossimo futuro vedrà un moltiplicarsi di queste attività, sulle quali si innestano poi i progetti (già avviati) di costruzione di veri e propri hotel spaziali, come la Voyager Station che dovrebbe essere inaugurata nel 2027, e i più ambiziosi disegni di strutture di villeggiatura poggiate sul suolo lunare o su quello marziano.
Nonostante si tratti di una prospettiva turistica per pochi, visti i costi dei biglietti e degli alloggi, nel giro di qualche decennio è probabile che molti potranno concedersi il lusso di fare un giretto extraterrestre per puro divertimento. Non è un caso che tantissime tra startup e aziende che operano nel settore aerospaziale si concentrino su queste specifiche applicazioni, o su soluzioni di sostenibilità: dai razzi che possono essere recuperati e riutilizzati, alle macchinette che fanno il caffè a gravità zero fino a una lunga serie di elementi di comfort che devono essere reinventati quasi da capo per funzionare una volta in orbita.
Altro settore simbiotico con l’economia spaziale è quello della supply chain. Quotidianamente milioni di merci percorrono il globo e mediante l’utilizzo dei segnali inviati da sensori fissi presenti nei mezzi di trasporto e da sensori mobili installati nei container, è possibile tracciare l’intera catena del valore. Un numero immenso di tratte viene percorso e milioni di dati vengono raccolti quotidianamente dal GNSS (Global Navigation Satellite System). Tutti questi dati sono una risorsa, perché se opportunamente elaborati possono essere impiegati sia per calcolare linee di trasporto più brevi sia in un futuro prossimo per predisporre le mappe per i veicoli o i velivoli senza pilota. Ad esempio, secondo un recente studio della Carnegie Mellon University i droni per il trasporto merci produrrebbero l’84% in meno di emissioni di gas serra rispetto ai normali camion diesel.
Le tecnologie satellitari e la space economy rappresentano oggi due fra i più rilevanti driver per raggiungere i diciassette Sustainable Development Goals (SDGs) delle Nazioni Unite, e il loro contributo anche in termini di tutela ambientale è tutt’altro che secondario. Le soluzioni basate su tecnologie spaziali permettono ad esempio di realizzare mappe di copertura del suolo per sviluppare modelli climatici o immagini multispettrali per costruire modelli predittivi sulla deforestazione, o ancora di creare mappe di suscettibilità sulle zone a rischio frane e di monitorare i livelli di inquinamento.
Tra le applicazioni del settore aerospaziale rientrano anche i nuovi servizi basati sulle sue tecnologie: ne sono un esempio la telemedicina e la smart agriculture. Nel primo caso il chirurgo può operare tramite robotica pazienti a centinaia o migliaia di chilometri di distanza attraverso una connessione satellitare di ultima generazione; nel secondo caso si parla di un’agricoltura 4.0 in grado di osservare costantemente la temperatura, l’umidità e la percentuale di azoto nei terreni e pertanto fornire supporto alle attività di semina, di irrigazione e nella distribuzione delle giuste quantità di prodotti chimici, come pesticidi, consentendo di migliorarne la produttività e al contempo di abbattere i costi sia in termini economici che ambientali. Un ulteriore sviluppo in ambito agricolo è quello relativo al miglioramento l’efficienza nella guida dei mezzi agricoli, indicando il percorso da seguire durante le diverse attività e aprendo alla possibilità della guida autonoma anche in questo ambito.
Siamo dunque dinanzi ad una rivoluzione analoga a quella di internet e del digitale di vent’anni fa. Anche nel passato si parlava con molto scetticismo della digital economy, oggi non possiamo fare a meno del web, dei social e del mondo digitale in generale.
Le opportunità di business nel settore sono molteplici ma una volta passata la fase adolescenziale, la New Space Economy dovrà affronta l’esame di maturità. È lecito attendersi un consolidamento del mercato, ora che molte aziende nate sotto l’egida del New Space dovranno dimostrare la propria capacità di generare ritorni per gli investitori.