A cura di Alessandro Secciani pubblicato su Fondi&Sicav
Venticinque anni fa, quando Saverio Scelzo partì con Copernico SIM, non erano in molti a scommettere sulla riuscita di un progetto totalemente nuovo. L’idea, peraltro tuttora sostenuta con forza, era di costruire un gruppo di consulenti finanziari veri, che non fossero meri venditori e che operassero in una società che non dovesse collocare prodotti propri. Un’altra caratteristica era di avere abolito le catene manageriali intermedie: da una parte per lasciare la massima libertà ai consulenti nella gestione dei portafogli, dall’altra per diminuire all’interno dell’azienda costi che vanno a gravare alla fine sui professionisti e soprattutto sul cliente. Dopo 25 anni di attività il progetto è ancora forte e in piena espansione, anche se tuttora abbastanza di nicchia. La quotazione in borsa nel 2019 ha certamente fornito una forte spinta e un ampliamento di prospettive.
Lo scopo di Gianluca Scelzo, appena subentrato alla presidenza al padre Saverio, è sicuramente, come ogni passaggio generazionale che si rispetti, aggiungere una buona dose di dinamismo alla linea base di portata avanti fin dalla nascita. A parlarne con Fondi&Sicav è il neopresidente.
A maggio lei ha sostituito il fondatore Saverio come presidente. Come mai questa scelta di cambio generazionale? Che cosa comporterà il suo arrivo al vertice?
“Mi è stato affidato il ruolo di presidente con la consapevolezza e il profondo rispetto per il lavoro che mio padre e gli altri fondatori hanno costruito sin dall’inizio, La scelta di un cambio generazionale è nata dalla necessità di portare nuova linfa, nuovi spunti e un approccio maggiormente dinamico alla gestione dell’azienda, pur mantenendo intatti i valori fondanti di Copernico: indipendenza, attenzione al cliente e trasparenza. Il mio nuovo ruolo presenta una rottura col passato, ma una naturale evoluzione in cui intendo rafforzare e consolidare la nostra identità. L’obiettivo è integrare l’esperienza consolidata dei nostri consulenti con idee innovative e strumenti all’avanguardia, per garantire un servizio sempre più mirato ed efficiente. In questo modo, oltre a preservare la stabilità e la serietà che da sempre ci contraddistinguono, punteremo a rispondere in maniera sempre più efficace alle sfide di un mercatoin continuo mutamento. Credo fermamente che questo cambio generazionale non sia solo una questione di passaggio del testimone, ma un’opportunità per crescere ulteriormente, evolvendoci per il bene dei nostri clienti, dei consulenti e per il futuro di tutta Copernico.”
Copernico SIM compie 25 anni. Può fare la storia di questo quarto di secolo? Perché avete scelto il nome Copernico?
«Ricordo perfettamente, benché allora fossi poco più che un ragazzino, il giorno in cui Copernico decise di chiamarsi così. È avvenuto tutto a casa di mio padre in un pranzo tra i soci fondatori, che dovevano decidere come chiamare la nuova società; ovviamente, c’erano le proposte più disparate. A un certo punto qualcuno tirò fuori la rivoluzione copernicana e in questo modo uscì l’idea di Copernico e della sua nuova visione dell’universo con il sole al
centro e i pianeti che gli ruotano intorno; così, il nome Copernico fu l’unico che in quel pranzo ebbe l’approvazione di tutti. Ci sembrava che esprimesse bene la visione di passare da un sistema banco-centrico a uno cliente-centrico, esattamente come Niccolò Copernico passò dal sistema geocentrico a quello eliocentrico. Questo è stato il nostro punto di partenza, che peraltro non si è modificato in questi 25 anni: l’idea di fondo di avere come datore di lavoro il proprio cliente, piuttosto che una banca o una Sgr, è rimasta un valore fondante. Non sono cambiati, inoltre, molti altri elementi: il nostro mandato di agenzia ha alcune peculiarità che ritengo siano uniche e non è stato mai mutato, se non nel momento in cui si è passati dalla lira all’euro. Per esempio, il fatto che i dati della produzione personale siano riservati (quindi non ci sono gare, non ci sono classifiche, contest o viaggi premio) è rimasto, così come persiste la scelta di non avere manager di riferimento: rispondiamo
solo al nostro cliente e non al manager che può spingere verso un prodotto piuttosto che un altro. Ugualmente, le SGR o le banche con cui lavoriamo sono mezzi, ma non il fine ultimo, che resta il cliente.”
Qualche cambiamento ci sarà pur stato…
“Chiaramente i servizi offerti, per esempio, così come è cambiata l’ampiezza del mercato. Inoltre, quando ho iniziato a lavorare dopo la laurea nel 2008, il contratto contemplava quattro firme e tre fogli. Oggi, se consideriamo la Mifid, l’articolo 31 del Tuf, l’antiriciclaggio e molto altro, ci si trova di fronte a una complessità che è aumentata tantissimo. Siamo però rimasti dell’idea di utilizzare per gli strumenti finanziari solo società terze (per noi resta un punto importantissimo e, infatti, non abbiamo prodotti nostri o di bandiera), senza avere conflitti di interesse che hanno quasi tutti nel settore, che un po’ vendono asset di casa, un po’ collocano strumenti di altri. Quindi siamo rimasti aderenti ai valori iniziali.”
Quali sono stati i momenti chiave in questi 25 anni?
«Direi che abbiamo attraversato tre fasi. La prima è stata la nescita dell’azienda, quando sono partiti in sette e via via sono aumentati fino a circa una trentina di persone.La seconda fase è stata il post Lehman, con una crescita più importante, mentre nella terza, che è quella post quotazione, che è avvenuta nel 2019, la complessità è aumentata ulteriormente, anche se siamo diventati un po’ più grandi e ci siamo ulteriormente strutturati. Certamente il 2019 è stato uno spartiacque, anche se il timing è stato un po’ sfortunato. Per la verità, noi come tempistica non siamo mai stati particolarmente favoriti dalla sorte. Siamo partiti nell’aprile
del 2000 e a settembre c’è stato il picco dei mercati: da quel momento è venuto giù tutto dopo lo scoppio della bolla delle dotcom. La seconda fase è partita con il crollo di Lehman e sappiamo tutti quanto è stato difficile in seguito risalire; infine, il terzo periodo, dopo la quotazione che è avvenuta nell’agosto 2019, ma è arrivato il Covid che ha totalmente cambiato i nostri obiettivi. Il piano industriale del 2019, in realtà, abbiamo cominciato a metterlo in opera nel 2023, anno in cui è stato lanciato il nostro serivizio di consulenza Rto, che prevede anche la ricezione e la trasmissione di ordini e la possibilità di operare in regime amministrato. La consulenza Rto può essere di due categorie: o con una visione di salvaguardia, quindi prudente, oppure come consulenza personalizzata, perciò potenzialmente più aggressiva. Devo dire che in due anni scarsi di operatività, questa iniziativa ci sta dando incredibili soddisfazioni, perchè siamo riusciti a partire con uno strumento totalmente privo di conflitto di interessi e facendoci pagare a parcella: compriamo azioni, bond, Etf o strumenti clean senza retrocessioni. era un po’ il sogno dei soci fondatori, ma poi, per varie vicissitudini, non si è potuto fare prima. Su queste tipologie di strumenti stiamo registrando numeri importanti, rispetto alla dimensione dell’azienda. Tutto ciò ci dà la possibilità di generare migliori performance, perché abbiamo costi più bassi per i nostri clienti. Al momento, siamo un’ottantina di professionisti, siamo ufficialmente la rete più giovane come età media dei consulenti e come numero di cf più giovani (in percentuale, ovviamente). Vogliamo continuare su questa linea, perché siamo convinti che chi ha iniziato a fare promozione finanziaria molto difficilmente riuscirà a trasformarsi in consulente finanziario, mntr chi inzia oggi deve lavorare quasi esclusivamente in consulenza e molto poco in promozione, che per definizione è spingere un prodotto per venderlo. La consulenza, invece, è tutt’altro: non si deve vendere nulla, se non
se stesso».
Quali sono i vostri numeri sulla consulenza evoluta?
“Siamo partiti nel 2023 con zero consulenza personalizzata e oggi le masse gestite con questa modalità cominciano a essere circa il 10% del totale. Si tratta di un risultato importante, se si considera che è stato raggiunto in poco più di un anno e mezzo. Ovviamente è un servizio indirizzato principalmente alla clientela medio-alta, che riceve un valore aggiunto importantissimo.Di conseguenza, ci sitamo indirizzando verso una tipologia di investitori sui quali tendenzialmente eravamo un po’ più deboli. Oggi possiamo andare anche a caccia di clienti più importanti, come fondazioni, enti, consorzi che, qualche anno fa, con il solo risparmio gestito, era difficile approcciare.”
E il futuro come si presenta? State reclutando nuovi consulenti?
«Siamo molto ottimisti sul futuro, dato che i nostri consulenti hanno un’età media
molto bassa e il tempo è dalla nostra parte. Inoltre, molti, pur essendo giovani, hanno già un’esperienza di oltre 10/15 anni di attività, elemento che nel nostro lavoro
è fondamentale. Abbiamo voluto investire tanto sulle nuove generazioni, che oggi cominciano anche a crescere nell’azionariato di Copernico. Alcuni hanno portafogli importanti e ciò ci dà ottimismo per tutti coloro che sono entrati successivamente».
Chi sono i soci oggi, ovviamente senza contare chi ha comprato azioni in borsa?
«In questo momento, quasi tutti i nostri consulenti e dipendenti sono anche soci. Lo
sono anche alcuni nostri clienti importanti. Diciamo che orientativamente circa il 70% delle azioni è posseduta da consulenti e dipendenti dell’azienda, il 10-15% da clienti e il restante 15% è sul mercato. In pratica, l’azienda è in mano a chi ci lavora e, personalmente, quando investo mi piace scegliere società in cui il management è costituito da persone che partecipano all’impresa, perché hanno il massimo interesse a fare sì che tutto funzioni. Inoltre, praticamente non abbiamo debiti. Questo fatto al mercato può piacere o no, ma noi siamo molto contenti di non avere mai corso grandi rischi. Molti ci dicono: “Ma voi non siete indebitati”. Per me è un bene, anche se sul mercato questo fatto viene visto come un rifiuto del rischio, come rinunciare a generare crescita esponenziale. Ma noi della crescita esponenziale non interessa granché. Il nostro obiettivo finale è dare stabilità, non generare possibili rischi, anche a costo di crescere un po’ meno, ma sempre in maniera sana. Questo è un mantra che ha caratterizzato l’azienda per 25 anni e che credo e spero si respirerà anche nei prossimi 25».
Che cosa chiedete a un consulenteche vuole lavorare per voi?
«La prima qualità che chiediamo a un consulente è l’allineamento profondo con il
nostro progetto e i nostri valori fondanti. La coerenza con la nostra filosofia è imprescindibile. Non siamo interessati a chi vede nel nostro mondo un semplice ingaggio o un’opportunità di passaggio. Per intenderci, un professionista che ha cambiato sei società negli ultimi 15 anni può cambiare anche la settima, ma non sarà la nostra. Siamo alla ricerca di persone serie, affidabili, che credano nella centralità del cliente e che siano disposte a lavorare in piena libertà, ma sempre guidate da un senso di responsabilità e da una visione etica della professione. Purtroppo, in questo settore capita ancora di sentirsi dire frasi come: “Dimmi cosa devo fare, dimmi chi devo fregare” e spesso con termini anche più crudi. A quel punto, la risposta è semplice: non ci interessa».
Ma è possibile operare senza aggressività commerciale?
«La nostra idea di consulente è molto lontana da quella del venditore aggressivo. Vogliamo professioniti che si considerino al servizio del cliente, non del proprio tornaconto, Offriamo un contratto che in 25 anni è rimasto praticamente invariato, perché crediamo nella stabilità. Non pretendiamo la massimizzazione del profitto a ogni costo, ma puntiamo a costruire una relazione duratura e serena tra consulente e cliente. Se quest’ultimo, per le sue ragioni, decide di intraprendere una determinata scelta, la rispettiamo, anche a costo di guadagnare meno. Crediamo che non sia l’andamento del mercato a determinare il successo, ma la capacità di instaurare rapporti stabili nel tempo. Il nostro sogno è che un giovane che entra oggi in Copernico possa restarci fino alla pensione, proprio come è accaduto per alcuni soci fondatori. Nessuno ha la sfera di cristallo, ma se si vuole davvero agire nell’interesse del cliente, l’unico modo è pianificare con una visione di lungo periodo. Nel breve, infatti, non si costruisce quasi nulla».
Voi siete partiti come realtà locale e siete arrivati anche in altre aree molto forti. Pensate di espandervi ulteriormente?
“Coeprnico è nata a Udine, ma fin dagli inizi aveva una presenza anche a Trieste e, con un piccolo nucleo, nel Veneto. Oggi contiamo consulenti attivi in 15 regioni italiane, a testimonianza di una crescita progressiva, ma sempre guidata da criteri di selezione molto rigorosi. Uso spesso una battuta per descrivere la mia quotidianità: il mio ufficio è la A4, perché mi sposto continuamente da Trieste a Torino. Non abbiamo mai acquisito altre reti, né inglobato gruppi interi. Abbiamo invece sempre scelto con cura singoli professionisti, valutandone l’aderenza ai nostri valori prima ancora delle competenze tecniche. Una delle scelte più controcorrente è stata di non offrire ingaggi economici per attrarre nuovi consulenti. Forse ci ha rallentati rispetto ad altri, ma è una scelta coerente con il nostro modello: se devo pagare un ingaggio, significa che dovrò vincolare qualcuno a vendere determinati prodotti, tradendo i principi di indipendeza e libertà che ci definiscono. Scommettere sui giovani richiede più tempo e pazienza, ma le soddisfazioni arrivano. Oggi siamo fieri di vedere crescere all’interno della nostra azienda una nuova generazione di consulenti che ha scelto di condividere i nostri valori e di contribuire alla costruzione di una realtà solida e coerente».
Molte società, per arruolare un nuovo consulente, non prendono neppure in considerazione chi ha un portafoglio inferiore a 20 milioni di euro e talvolta anche di più. E’ così anche per voi?
«Partiamo da un punto fermo: un consulente con un portafoglio importante è naturalmente ben accolto, ma non rappresenta per noi una condizione necessaria. La filosofia di Copernico non si basa sulla corsa al “portafoglista”, bensì sulla ricerca di persone che condividano profondamente i nostri valori e il nostro approccio alla consulenza.
Valutiamo prima di tutto la qualità del professionista: competenza, la serietà, l’approccio relazionale con il cliente. La ragioni per cui un consulente può gestire masse contenute sono molteplici. In alcuni casi, può trattarsi di una figura non ancora strutturata, certo, ma più spesso si tratta di professionisti che preferiscono lavorare in modo accurato, mantenendo un rapporto autentico con il cliente, o che semplicemente non hanno trovato finora l’ambiente giusto per esprimere il proprio potenziale. In molte realtà strutturate, dove la presenza di una catena manageriale complessa genera costi fissi elevati, l’unico modo per mantenere l’equilibrio economico è puntare su grandi masse. Noi operiamo con una struttura orizzontale, senza livelli gerarchici intermedi, il che ci consente di essere molto flessibili. Non abbiamo bisogno di numeri elevati a tutti i costi: ci interessa che il consulente sia preparato, etico e voglia costruire un percorso basato sulla vera consulenza. Purtroppo, nel nostro settore il portafoglio viene spesso usato come unica metrica per valutare un professionista. Ma questo fatto rischia di penalizzare molte persone valide, alle quali, magari, sono state “tarpate le ali” da manager che non hanno, né la competenza, né la sensibilità per riconoscere il potenziale. Noi vogliamo attrarre chi cerca libertà professionale, chi desidera crescere in un contesto trasparente e centrato sul cliente. E siamo convinti che ci siano molti consulenti capaci là fuori che hanno solo bisogno di cambiare contesto per dare il meglio di sé».
Voi operate in un mercato che è molto competitivo. Come fate a sopravvivere?
«È vero, noi giochiamo contro player che sono molto più grandi di noi, ma siamo cresciuti in questi 25 anni, mentre la quasi totalità delle Sim ha chiuso e quelle come noi, che sono indipendenti da gruppi bancari o assicurativi, credo che si contino sulle dita di una mano. Allo stesso tempo, in questi 25 anni anche tante banche e reti hanno subito cambiamenti, acquisizioni, fusioni. E le varie Opa in atto non faranno altro che ridurre ulteriormente il numero dei player. In Copernico, gli unici due apporti di capitale sono avvenuti al momento della fondazione e con la quotazione in borsa. Tutto ciò che è stato creato in un quarto di secolo è stato frutto degli utili reinvestiti. Abbiamo sempre preferito non dare dividendi, ma proprio dal 2025 cambieremo. Anche questo è un indice di stabilità. Ormai siamo abbastanza grandi da non avere bisogno di investimenti. E questo modo di operare credo che rientri nella serietà friulana».
Avete un piano industriale?
«Con il nuovo Cda dobbiamo deliberare un nuovo piano industriale, che porterà alcuni cambiamenti che daranno un po’ di slancio verso attività più indirizzate verso il digitale per stare al passo con i tempi, ma senza snaturarci. Non vogliamo certo fare rivoluzioni. Probabilmente eravamo troppo all’avanguardia quando siamo partiti, ma nel
nostro settore occorre sempre muoversi con cautela, senza fare passi più lunghi della gamba. E, soprattutto, dobbiamo mantenere inalterato il nostro Dna. In ogni caso nel nuovo piano industriale ci saranno diverse innovazioni ed evoluzioni”.
Quali?
«Beh ora mi sta chiedendo troppo» (ride n.d.r)